La Tomba dei Cicu, detta ‘della Volpara’. Per una rilettura delle fonti archeologiche

Carnaiola

La Tomba della Volpara rinvenuta nel 1878 in un terreno di proprietà della famiglia Meoni di Carnaiola, Volpara appunto, non è mai stata oggetto di una pubblicazione monografica per via dell’impossibilità di ritrovare il luogo del ritrovamento (perduto), per l’impossibilità di rintracciare i reperti in essa rinvenuti e a causa della disparità di informazioni provenienti dalle due uniche fonti che se ne occuparono, l’archeologo aretino Gian Francesco Gamurrini e l’archeologo tedesco Wolfgang Helbig. I due archeologi, infatti, apparentemente diedero due letture differenti del ritrovamento creando confusione e soprattutto una non chiara interpretazione del sepolcro.

Nel luglio del 2018, ho avuto l’onore di partecipare come relatrice al convegno “Città della Pieve e il territorio in età etrusca“, portando come contributo proprio la tomba di Carnaiola, scrollandole di dosso il nome ‘della Volpara’ e conferendole il nome più “archeologico” di ‘dei Cicu’ (da leggersi Kicu) dal nome della famiglia etrusca proprietaria. La partecipazione al convegno mi ha dato l’opportunità di approfondire lo studio sulla tomba, cercando di rileggere in modo critico e aggiornato quanto riportato dai due archeologi. Ovviamente, nonostante vari tentativi, non sono riuscita ad individuare la tomba né a rintracciare i reperti, quindi quanto esposto è stato frutto di studi basati sui dati ottocenteschi.

Wolfgang Helbig

Cercherò di riassumere brevemente quanto esposto al convengo, allegando in fondo all’articolo il pdf del mio contributo “La Tomba dei Cicu, detta della Volpara. Per una rilettura delle fonti archeologiche“.

La tomba dei Cicu è un sepolcreto utilizzato tra la metà del II sec. a.C. e la prima metà del I sec. a.C. da due famiglie aristocratiche chiusine: l’etrusca Cicu con quattro urne cinerarie pertinenti a due coppie di fratelli, e la latina Gellia, con due urne pertinenti a padre e figlio.

Essa doveva trovarsi sul pendio di una collina a nord di Carnaiola, lungo valle del torrente Ripignolo, a circa 2,5 km di strada dal paese, in prossimità di un terreno sassoso. La sua struttura era probabilmente di forma quadrangolare con volta a botte, porta in travertino ed ingresso ad ovest, in analogia con le tombe contemporanee della Tassinaia (Chiusi) e di Vaiano (Castiglione del Lago, PG).

La sua collocazione a Carnaiola, lontana dalla città di Chiusi (circa 25 km), la caratterizza come sepolcreto rurale periferico legato a qualche piccolo sito agricolo situato nelle vicinanze, non individuabile, di proprietà della famiglia etrusca ed ereditato poi dalla famiglia romana, probabilmente per via femminile.

La tomba dei Cicu e le altre sepolture a camera del territorio riutilizzate in epoca moderna come rimesse per animali e attrezzi agricoli o cantine, e quindi mai studiate, potrebbero essere indicative di una frequentazione abitativa sparsa nel territorio dell’Alto Orvietano, soprattutto nel suo versante orientale, di cui però non restano evidenze archeologiche.

La cronologia colloca questa tomba in un momento molto delicato della storia del mondo etrusco, ed in particolare di Chiusi, ossia la sua romanizzazione definitiva. Sebbene non sia stato possibile un nuovo esame dei reperti, le caratteristiche rilevate da Helbig nelle iscrizioni (interferenza del latino nella grafia etrusca, presenza di un nome italico nelle iscrizioni etrusche e iscrizioni prettamente latine) rendono questa piccola tomba importante perché fornisce ulteriore materiale per la comprensione dei fenomeni socio-linguistici che si susseguirono a Chiusi tra II-I sec. a.C. nel momento di passaggio da civitas foederata a municipium romano.

Con le dovute differenze tipologiche, infatti, la tomba di Carnaiola può essere associata idealmente alla necropoli di Balena di San Casciano dei Bagni (SI), databile allo stesso periodo e situata oltre il Monte Cetona ma sullo stesso asse geografico a confine con il territorio di Bolsena. Questa tomba, in ultimo, permette di definire con maggiore precisione l’estensione del territorio chiusino meridionale al termine della Val di Chiana umbra dove il fiume Chiani sbarrato dalle colline di Fabro e Ficulle devia verso Est.

La presenza di due famiglie dell’aristocrazia etrusca e poi romana di Chiusi, infatti, permette di considerare questo lembo di territorio ancora pertinente e fortemente legato a questa città, considerazione confermata anche dal ritrovamento nel 1925 del XVII cippo miliare della Via Traiana Nova (II sec. d.C.) che giungeva ai fines clusinorum (i confini di Chiusi), scoperto nei pressi del confine sud-orientale di Fabro. L’ideale cesura tra il territorio chiusino e Orvieto (prima della sua caduta nel 264 a.C.) doveva essere quindi correre da Est ad Ovest lungo l’asse Balena-Fabro-Chiani, a sud della quale fu trovata nel 1993 la piccola tomba a camera di età arcaica di podere Soriano, nel comune di Parrano, il cui corredo ha caratteristiche spiccatamente orvietane.

Per approfondire l’argomento allego il pdf del mio lavoro, clicca qui.

Autore: F. Bianco

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