La prima farmacia di Fabro

La presenza di una farmacia in un centro abitato è oggi un’ovvietà, una cosa scontata, ma non è sempre stato così. Anticamente, infatti, la presenza di una spezieria, antenata delle moderne farmacie, era assai rara e di norma si trovava all’interno di monasteri o nelle grandi città. Le spezierie erano delle botteghe-laboratorio in cui lo speziale (il farmacista ante litteram) preparava e vendeva medicinali e medicamenti. Lo speziale, quindi era un profondo conoscitore delle erbe medicinali, delle polveri medicamentose e di tutti gli ingredienti naturali che permettevano di preparare unguenti e sciroppi.

A Fabro, ancora nel primo trentennio dell’800, non era presente una spezieria e la sua creazione si ebbe ad opera di un giovane speziale nativo del paese, Alessandro Canini.

Il percorso che portò all’apertura della prima spezieria di Fabro si ebbe solo a partire dal 1831 grazie proprio alla caparbietà di Alessandro Canini, nato a Fabro nel 1811 da Domenico Canini e Teresa Costarelli e morto nel 1886. Nei documenti presenti all’Archivio di Stato di Roma sono conservate le richieste per l’autorizzazione ad aprire una farmacia [1] e testimoniano il non facile percorso di questo iter. Le lettere non sono autografe del Canini, ma furono inviate da un intermediario del Distretto Apostolico di Viterbo. Canini faceva parte di una delle storiche famiglie di Fabro, che nell’800 in un volume di topografia storica dello Stato Pontifici veniva indicata come la più rilevante dopo i Costarelli.

Le due lettere erano indirizzate al Cardinale Galleffi, allora Camerlengo di Santa Romana Chiesa, mentre le risposte venivano indirizzate proprio al Distretto Apostolico di Viterbo.

Nella prima lettera vi è una presentazione del richiedente e la motivazione di tale istanza. A Fabro, infatti, non c’era nè spezieria nè speziale, ed il Canini avrebbe potuto ricoprire tale ruolo senza problemi essendo lui stesso uno speziale. Sul retro la risposta con scritto vicino “Spedita”.

La lettera è datata 18 Maggio 1831:

Eccellentissimo Reverendissimo Principe
Alessandro Canini Matricolato in Alta Farmacia, devoto dell’Eccellenza Vostra Reverendissima, con tutto il dovuto rispetto espone che bramando di aprire una Spezieria in Fabro sua Patria, Delegazione di Viterbo, ed ivi non essendovi altro speziale, quale forse potrebbe ostarsi, prega la Somma bontà dell’Eccellenza Vostra Reverendissima perchè voglia accordargliene il permesso.

20 Maggio
Al delegato di Viterbo che richiami la copia del diploma, verifichi se vi sono altre spezierie in Fabro, e se quegli abbia contratto alcun demerito nelle trascorse luttuorsissime vicende.

La risposta, invece, è datata 24 Maggio 1831.

Anzi di nulla deliberare sull’istanza di Alessandro Canini, il quale implora il permesso di aprire una spezieria in Fabro sua patria, delibero che L.E.V. abbia la cortese compiacenza di informarmi se il richiedente abbia contratto alcun demerito nella passate politiche vicende; di richiamar da lui e quindi di rimettermi in copia la matricola in alta Farmacia che dice i possedere, ed infine di farmi conoscenza se nella suddetta Comune esista alcun’altra spezieria. In attesa.

Dal testo della risposta, si evince che, come oggi, anche allora per aprire un’attività di questo genere bisognava fornire ogni dettaglio sulla propria preparazione e soprattutto di non avere la fedina penale sporca. In questo caso non bisognava aver avuto nessun coinvolgimento in vicende politiche, ossia i Moti insurrezionali del biennio 1830-1831, definiti luttuosissimi in un altro passaggio della lettera. Questi videro tra le tante battaglie e uccisioni anche la morte di Ciro Menotti. I moti coinvolsero anche l’Umbria, ma non si sa se il ventenne Alessandro Canini ne abbia preso parte. Certo è che meno di 20 anni dopo prese parte alla Repubblica Romana di Orvieto del 1848-1849.

La seconda recitava più o meno il testo della prima, ma più stringata. Evidentemente, dopo un mese ancora non gli era stata data l’autorizzazione per l’apertura della farmacia. Sul retro, la bozza di risposta che avrebbe ricevuto il Canini.

La lettera è datata 11 Giugno 1831

Eccellentissimo Reverendissimo Principe
Alessandro Canini Speziale nativo di Fabro, Delegazione di Viterbo […] le rappresenta, che essendo la sua Patria priva di Farmacista supplica l’Eminenza Vostra Reverendissima ondi voglia accordargli il permesso di eriggervi una Spezieria.

La risposta è datata 18 Giugno 1831

Sia cortese L.E.V. di riscontrare colla possibile sollecitudine il mio dispaccio con la quale la prego d’informarmi col savio suo parere sull’istanza di Alessandro Canini, che implorava il permesso di aprire una spezieria in Fabro. Credo poi opportuno di prevenire che fino a definitive mie, impedisca efficacemente al Canini di procedere all’apertura della suddetta spezieria.

Non si capisce il motivo per cui non si voleva che lui aprisse la farmacia, forse fu tra i rivoltosi del 1831 chissà, ma da un volume di Topografia dello Stato Pontificio del 1857, la farmacia risulta ormai attiva e gestita proprio da Alessandro Canini.

In allegato tra le carte erano che due “pizzini” senza data che fornivano maggiori notizie sul Canini, come richiesto al Delegato Apostolico.

Questi i testi dei due foglietti

Il Canini è già da vari giorni partito per la sua Patria. Ciò ha asserito lo speziale a Sant’Eustachio ove esercitava il Canini, e lo stesso speziale ha soggiunto che il S. D. Lupi dovrebbe avere il diploma e gli schiarimenti che si volevano.

Il S.D. Lupi ha portato l’acchiusamen dicendo che è serissimo l’ordine datogli di non permettere l’apertura di altre spezierie ove già n’esistano, ma che in Fabro non ve n’èa alcuna.
Assicura poi che il Canini è abilissimo, di plausibilissima condotta sott’ogni rapporto, avendo finora esercitato nella Spezieria di S. Eustachio, ove dimora ancora fino cioè che non abbia ottenuto la grazia che implora per trasferirsi in Patria […] ad esibire il diploma e a dire il nome di genitori e da qual tempo di anni in sono e in quali spezerie abbia praticato

Il Canini, quindi, lavorava a Roma a Sant’Eustachio, uno dei rioni del centro, dove erano presenti ben 6 spezierie, una delle quali era la Spezieria Pontificia. Non sappiamo però quale fosse quella in cui lavorava il Canini.

Sebbene questi documenti inducano a pensare che il Canini non sarebbe mai riuscito ad aprire la farmacia, nel 1857, la spezieria di Fabro risultava attiva, come già detto poco sopra. Al momento non è noto in quale punto del paese fosse, ma entrando al suo interno avremmo visto vasi da speziale, scatole, una bilancia, spatole, un mortaio e un torchio. E avremmo visto il Canini, che doveva conoscere anche la chimica, pestare, lavare, infondere, cuocere, distillare, comporre i composti e conservarli.

Autore: F. Bianco

Note:
[1] ASO, Camerlegato II, busta 487, fasc. 2141

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